15/1/2021
Chiamiamo i nostri preti i “don”, in segno di rispetto.
È un rispetto che si conquistano passo a passo, nella vita; in cerca di punti di riferimento, nella confusione del nostro spirito, troviamo anche in loro una bussola, che serve tanto…
Alcuni, poi, conquistano in noi uno spazio ancora più importante. Una relazione, quasi, di paternità, di fiducia in un rapporto familiare.
Don Tino conosceva bene il valore della accoglienza, la viveva nella sua esistenza, prima ancora di predicarla come uno dei valori di riferimento di ogni buon cristiano. L’accoglienza che si costruisce a partire dal sorriso, quello con cui ti salutava facendo sentire meno in soggezione; la stretta di mano vigorosa, che era un suo segno di riconoscimento… fino ad arrabbiarsi amichevolmente con chi scambiava mollemente il segno della pace.
Era consigliere e consolatore, ha seguito la nostra famiglia nei momenti più difficili e anche in quelli più belli.
Ci ha raggiunti subito, in casa, quando ha saputo della morte di nostro papà. Si è stretto a noi in preghiera, poi si è rimboccato le maniche e ci ha aiutati a prepararlo per il saluto finale.
Più che tante parole, risuonano i suoi gesti, il suo sforzo continuo di animare e tenere insieme la comunità, la capacità di coinvolgimento, il tono scherzoso, anche se a volte affilato.
Non aveva Dio come concetto, ma lo sentiva compagno di strada, provvidenza vicina.
Uomo di fede genuina, concreta e gioiosa. Un Sabato Santo, alla fine della Messa non riusciva più a mandare a casa le persone, da tanto voleva condividere la sua felicità con la sua comunità.
Uomo del servizio e pastore pragmatico, capace di dare tanto alle persone e alla comunità.
Così, anche se ci ha lasciati nel silenzio e nella solitudine di questa pandemia, ha percorso gli ultimi passi con fiducia, e ce la lascia in deposito.
E noi, che lo abbiamo conosciuto, continuiamo a sentirlo vicino e a portare nel cuore e nella vita quello che ci ha insegnato.
Grazie, don Tino!
È un rispetto che si conquistano passo a passo, nella vita; in cerca di punti di riferimento, nella confusione del nostro spirito, troviamo anche in loro una bussola, che serve tanto…
Alcuni, poi, conquistano in noi uno spazio ancora più importante. Una relazione, quasi, di paternità, di fiducia in un rapporto familiare.
Don Tino conosceva bene il valore della accoglienza, la viveva nella sua esistenza, prima ancora di predicarla come uno dei valori di riferimento di ogni buon cristiano. L’accoglienza che si costruisce a partire dal sorriso, quello con cui ti salutava facendo sentire meno in soggezione; la stretta di mano vigorosa, che era un suo segno di riconoscimento… fino ad arrabbiarsi amichevolmente con chi scambiava mollemente il segno della pace.
Era consigliere e consolatore, ha seguito la nostra famiglia nei momenti più difficili e anche in quelli più belli.
Ci ha raggiunti subito, in casa, quando ha saputo della morte di nostro papà. Si è stretto a noi in preghiera, poi si è rimboccato le maniche e ci ha aiutati a prepararlo per il saluto finale.
Più che tante parole, risuonano i suoi gesti, il suo sforzo continuo di animare e tenere insieme la comunità, la capacità di coinvolgimento, il tono scherzoso, anche se a volte affilato.
Non aveva Dio come concetto, ma lo sentiva compagno di strada, provvidenza vicina.
Uomo di fede genuina, concreta e gioiosa. Un Sabato Santo, alla fine della Messa non riusciva più a mandare a casa le persone, da tanto voleva condividere la sua felicità con la sua comunità.
Uomo del servizio e pastore pragmatico, capace di dare tanto alle persone e alla comunità.
Così, anche se ci ha lasciati nel silenzio e nella solitudine di questa pandemia, ha percorso gli ultimi passi con fiducia, e ce la lascia in deposito.
E noi, che lo abbiamo conosciuto, continuiamo a sentirlo vicino e a portare nel cuore e nella vita quello che ci ha insegnato.
Grazie, don Tino!
Dario e Paolo Bossi