La chiesa del SS. Salvatore
Da “il centro” n. 9 - luglio/ottobre 1982 – pag. 4 - Franco Piacentini
Qualche secolo fa Samarate era uno dei tanti agglomerati di case, sulle rive di un modesto torrente che, di tanto in tanto, faceva parlare di sé per i suoi capricci e le sue uscite dall'alveo, causando gravi danni ai poveri abitatori di allora. Un piccolo paese di poche centinaia di abitanti decimati, spesso, da epidemie, saccheggi, tribolazioni e sofferenze d'ogni sorta. Poche decine di casolari che convergevano attorno alle tombe dei morti ed alla chiesa. Una chiesa che, per parecchi secoli, non è stata quella della SS. Trinità - sorta soltanto, nella seconda meta del Secolo XVIII - ma quella dedicata al SS. Salvatore della quale, in queste note, cerchiamo di ricostruire, la storia riferendoci ai non pochi documenti che abbiamo avuto modo di consultare un po' dovunque e, soprattutto, presso l'Archivio Storico Diocesano (Curia Arcivescovile di Milano).
Nei primi Secoli della Chiesa, e della Chiesa Ambrosiana in particolare, non era affatto inconsueto trovare luoghi di preghiera dedicati al SS. Salvatore. Chiese con questa dedicazione esistevano a Busto Garolfo (Memorie Storiche della Diocesi di Milano, Vol. I), a Barzanò Brianza (Memorie Storiche della Diocesi di Milano, Vol. XIII), a Marcallo con Casone (Quaderni del Ticino n. 2/3) ancora a Milano (Storia della Chiesa Ambrosiana - Vol. l) e Tradate ("La Prealpina, 21/8/82) a Malnate e così via.
Dov'era? Dal Foglio X del Nuovo Estimo dei "Territori di Samarate, della Costa e Cassina Verghera, Pieve di Gallarate, Ducato di Milano, misurati in occasione del Novo Censimento dello Stato di Milano" risalente al 1722, rinvenuto presso l'Archivio di Stato di Varese, rileviamo chiaramente che questa chiesa sorgeva sul lato destro dell'attuale via Dante (vecchia "contrada del Ticino"), esattamente a metà strada fra Piazza Italia e Piazza Manzoni.
Perché costruire un'altra chiesa quando già c'era San Protaso? Ci viene in aiuto don Civati col dire che "l'ingrossare del torrente Arno, le pericolose sue inondazioni, obbligò, nel seguito degli anni a scegliersi terreno meno esposto e più riparato e la popolazione si ritirò verso Nord" ove innalzò, appunto, anche il nuovo tempio. Il "Liber Chronicus", custodito nell'Archivio Parrocchiale della SS. Trinità sostiene che "verso il 1100 la nuova chiesa esisteva e le note dell'Amministrazione di quel tempo, della Fabbriceria, mostrerebbero che le due chiese di S Gervaso e Protaso e del SS. Salvatore venivano amministrate da uno stesso corpo morale: rendite, raccolti, spese e feste erano a vantaggio o a carico di entrambe le chiese".
Numerose citazioni di questa chiesa troviamo in altri documenti che confermano, l'esistenza e l'uso che di essa veniva fatto per il servizio divino e la cui Festa Patronale ricorreva il 15 dicembre, giorno anniversario della Consacrazione della chiesa stessa. Fra le tante citazioni non possiamo tralasciare di ricordare una visita che, nel 1566, venne effettuata, per ordine di San Carlo, da Padre Leonetto Chiavone, Rettore del Collegio dei Gesuiti in Milano. Il Santo Arcivescovo, per avere una cognizione completa ed il più possibile dettagliata della Sua vasta Arcidiocesi, scelse un degno cooperatore per inviarlo in alcune parti della Diocesi ad effettuare la visita canonica delle chiese e delle persone ecclesiastiche, in preparazione alla visita pastorale che sarebbe stata, poi, da Lui fatta qualche anno dopo. Ed il "nostro" padre venne a Samarate - cosi racconta un insigne studioso di cose gallaratesi, don Andrea Mastalli - "nel giorno di lunedì 30 settembre 1566 per visitare quella chiesa parrocchiale dedicata al SS. Salvatore che già esisteva sin dal Secolo XIV... La chiesa, lunga braccia 23 e larga 15 aveva tre altari, compreso il maggiore. Il SS. Sacramento era conservato in un Ostensorio collocato in un luogo conveniente della parete, a sinistra dell'altare, con una lampada accesa davanti. Nel medesimo luogo, colla S. Eucarestia, trovavasi un vaso di piombo con gli Olii Santi. All'altare maggiore vi era una antica ancona (tavola dipinta) dorata con la croce e due candelabri di ottone. Nell'altare laterale a destra si trovava un sepolcro di pietra che impediva l'ingresso a chi voleva entrare (e che il Visitatore fece levare con una speciale Ordinazione). Eravi pure il campanile con due campane. Esisteva il Cimitero ma aperto, che il Visitatore volle chiuso convenientemente. Attendeva alle funzioni religiose in questa chiesa il Sacerdote Bernardino de Crìspis, mentre il Curato Titolare era il Sig. Gian Luigi de Nibiis, allora semplice Chierico. Le anime della Parrocchia, già ammesse alla S. Comunione, erano quasi 500. A prete Bernardino sopraddetto, il Chiavone ordinò che facesse un tabernacolo da mettersi in sull'altare maggiore per riporvi il SS. Sacramento".
Quattro anni dopo esattamente il 22 giugno 1570 - ad effettuare la visita pastorale venne lo stesso San Carlo che, evidentemente, trovò la chiesa in uno stato di abbandono non trascurabile se si vide costretto ad emanare una "Ordinazione per la chiesa parrocchiale del SS. Salvatore, luogo dì Samarate, Pieve di Gallarate" (cfr. Archivio Plebano di Gallarate, Vol. manoscritto, segnato "l p. 1") in cui dispose un elenco di cose da fare (riguardanti battistero, finestre, tabernacolo, soffitto, antine, predelle, ecc.).
Nel 1636 "la chiesa parrocchiale di SS. Salvatore venne maltrattata nell'invasione dei Francesi che gli levarno la miglior parte de' paramenti et vasi sacri et altre suppellettili; la più vile che lasciorno alla chiesa, in buona parte stracciata. In particolare gli hanno tolto il tabernacolo gestatorio che portarono via insieme col SS. Sacramento, una pisside grande d'argento, un'altra piccola, tutti gli calici ch'erano tre, pallii et pianete di tutti i colori liturgici de damasco guarniti d'oro, diverse biancarie buone et altri mobili di consideratione.." (Mons. GioBatta Caimo in ragguagli dei danni fatti dai Francesi nell'anno 1636 nella Pieve di Gallarate). Successivamente, apprendiamo dal "Liber Cronicus" al quale possiamo, ormai, dar pienamente credito che le due cappelle laterali della chiesa citata nella visita del precursore di San Carlo vennero dedicate, l'una, con solennissima festa l'11 Ottobre 1648 alla Beata Vergine del Rosario e l'altra, alla fine d'aprile del 1651, a S. Giuseppe. Nel corso della visita pastorale del 1684 vennero nuovamente annotate le misure della chiesa, pari a braccia 41 x 25, sostanzialmente diverse da quelle registrate oltre un secolo prima circa 25 x 15, (tenuto conto che un braccio doveva essere di metri 0,595).
La nostra chiesa aveva, ormai, sulle spalle, parecchi secoli e necessitava di urgenti, radicali riparazioni. "Il terreno sottostante, minato dalle alluvioni, non reggeva ai gravi lavori. La chiesa era troppo vecchia, la forma troppo disadatta, incapace dì un restauro e di un ampliamento regolare". Venne convocato il popolo per decidere il da farsi ed in maniera democratica, lo stesso scelse una soluzione radicale: la costruzione di una nuova chiesa, quella parrocchiale attuale, dedicata alla SS. Trinità. Si era nel 1760.
La chiesa che, per lunghi secoli, aveva visto inginocchiarsi i nostri padri ed era stata testimone di tante vicende liete e tristi in cui vennero coinvolti i nostri antenati, servì ancora, per alcuni anni, alle funzioni feriali. Nella chiesa nuova s'andava solo alla domenica. Anche per il Parroco era più comodo officiare in SS. Salvatore, a due passi da casa. Ma, col passare degli anni, il trasferimento divenne d'obbligo.
E giungiamo al 1887. In quell'epoca, Mons. Virginio Civati lasciò scritto nelle sue "Memorie Storiche": "La parte anteriore della vecchia Chiesa di S. Salvatore, sino alla balaustra dell'Altare Maggiore e il Campanile, già minati e minaccianti, furono atterrati... V'è da assegnare a prodigio se, nella demolizione del vecchio e cadente campanile, non accaddero disgrazie alle persone perché, ad un certo punto, caddero alcuni metri di muro, seppellendo sotto le macerie muratori..." Senza neppure graffiarsi. E, come avrebbe potuto verificarsi un pur minimo incidente se, accanto, c'era il "SS. SALVATORE"?
La storia della vecchia chiesa non era ancora conclusa. In piedi restavano l'abside, la sagrestia, la parte terminale della antica Parrocchiale che, debitamente richiusi, avrebbero ancora funzionato in rare occasioni e determinate circostanze. Ma l’8 settembre 1918, con Atto Pubblico trascritto a Milano il 4 Novembre 1918 il Beneficio Parrocchiale di Samarate, rappresentato da don Antonio Spreafico cedette, con regolare atto di vendita, al Signor Cattaneo Innocente, i mappali 149/b - 150/c - 154/a sui quali erano ancora le ultime pietre della plurisecolare casa di preghiera. Nei primi mesi dell'anno successivo (1919), per poter far posto a nuove costruzioni, il restante del vecchio edificio doveva essere abbattuto. Ma, ancora una volta, non del tutto.
Una cosa sorprendente, che non ci saremmo mai immaginata e che, per chi scrive, è stata una scoperta entusiasmante. Alcune settimane fa, chiedemmo al proprietario della casa costruita sul luogo della vecchia parrocchiale, di mostrarci il punto in cui era ubicata la chiesa. Lo stesso, con nostra infinita meraviglia, ci mostrò anche la parte tuttora esistente dell'antica sagrestia, un ampio locale con bel soffitto a padiglione ed il "coro", sia pure incorporati nella sua casa e facente un tutt'uno con essa.
Scopriamo così che il "SS. Salvatore non è morto del tutto".
Nei primi Secoli della Chiesa, e della Chiesa Ambrosiana in particolare, non era affatto inconsueto trovare luoghi di preghiera dedicati al SS. Salvatore. Chiese con questa dedicazione esistevano a Busto Garolfo (Memorie Storiche della Diocesi di Milano, Vol. I), a Barzanò Brianza (Memorie Storiche della Diocesi di Milano, Vol. XIII), a Marcallo con Casone (Quaderni del Ticino n. 2/3) ancora a Milano (Storia della Chiesa Ambrosiana - Vol. l) e Tradate ("La Prealpina, 21/8/82) a Malnate e così via.
Dov'era? Dal Foglio X del Nuovo Estimo dei "Territori di Samarate, della Costa e Cassina Verghera, Pieve di Gallarate, Ducato di Milano, misurati in occasione del Novo Censimento dello Stato di Milano" risalente al 1722, rinvenuto presso l'Archivio di Stato di Varese, rileviamo chiaramente che questa chiesa sorgeva sul lato destro dell'attuale via Dante (vecchia "contrada del Ticino"), esattamente a metà strada fra Piazza Italia e Piazza Manzoni.
Perché costruire un'altra chiesa quando già c'era San Protaso? Ci viene in aiuto don Civati col dire che "l'ingrossare del torrente Arno, le pericolose sue inondazioni, obbligò, nel seguito degli anni a scegliersi terreno meno esposto e più riparato e la popolazione si ritirò verso Nord" ove innalzò, appunto, anche il nuovo tempio. Il "Liber Chronicus", custodito nell'Archivio Parrocchiale della SS. Trinità sostiene che "verso il 1100 la nuova chiesa esisteva e le note dell'Amministrazione di quel tempo, della Fabbriceria, mostrerebbero che le due chiese di S Gervaso e Protaso e del SS. Salvatore venivano amministrate da uno stesso corpo morale: rendite, raccolti, spese e feste erano a vantaggio o a carico di entrambe le chiese".
Numerose citazioni di questa chiesa troviamo in altri documenti che confermano, l'esistenza e l'uso che di essa veniva fatto per il servizio divino e la cui Festa Patronale ricorreva il 15 dicembre, giorno anniversario della Consacrazione della chiesa stessa. Fra le tante citazioni non possiamo tralasciare di ricordare una visita che, nel 1566, venne effettuata, per ordine di San Carlo, da Padre Leonetto Chiavone, Rettore del Collegio dei Gesuiti in Milano. Il Santo Arcivescovo, per avere una cognizione completa ed il più possibile dettagliata della Sua vasta Arcidiocesi, scelse un degno cooperatore per inviarlo in alcune parti della Diocesi ad effettuare la visita canonica delle chiese e delle persone ecclesiastiche, in preparazione alla visita pastorale che sarebbe stata, poi, da Lui fatta qualche anno dopo. Ed il "nostro" padre venne a Samarate - cosi racconta un insigne studioso di cose gallaratesi, don Andrea Mastalli - "nel giorno di lunedì 30 settembre 1566 per visitare quella chiesa parrocchiale dedicata al SS. Salvatore che già esisteva sin dal Secolo XIV... La chiesa, lunga braccia 23 e larga 15 aveva tre altari, compreso il maggiore. Il SS. Sacramento era conservato in un Ostensorio collocato in un luogo conveniente della parete, a sinistra dell'altare, con una lampada accesa davanti. Nel medesimo luogo, colla S. Eucarestia, trovavasi un vaso di piombo con gli Olii Santi. All'altare maggiore vi era una antica ancona (tavola dipinta) dorata con la croce e due candelabri di ottone. Nell'altare laterale a destra si trovava un sepolcro di pietra che impediva l'ingresso a chi voleva entrare (e che il Visitatore fece levare con una speciale Ordinazione). Eravi pure il campanile con due campane. Esisteva il Cimitero ma aperto, che il Visitatore volle chiuso convenientemente. Attendeva alle funzioni religiose in questa chiesa il Sacerdote Bernardino de Crìspis, mentre il Curato Titolare era il Sig. Gian Luigi de Nibiis, allora semplice Chierico. Le anime della Parrocchia, già ammesse alla S. Comunione, erano quasi 500. A prete Bernardino sopraddetto, il Chiavone ordinò che facesse un tabernacolo da mettersi in sull'altare maggiore per riporvi il SS. Sacramento".
Quattro anni dopo esattamente il 22 giugno 1570 - ad effettuare la visita pastorale venne lo stesso San Carlo che, evidentemente, trovò la chiesa in uno stato di abbandono non trascurabile se si vide costretto ad emanare una "Ordinazione per la chiesa parrocchiale del SS. Salvatore, luogo dì Samarate, Pieve di Gallarate" (cfr. Archivio Plebano di Gallarate, Vol. manoscritto, segnato "l p. 1") in cui dispose un elenco di cose da fare (riguardanti battistero, finestre, tabernacolo, soffitto, antine, predelle, ecc.).
Nel 1636 "la chiesa parrocchiale di SS. Salvatore venne maltrattata nell'invasione dei Francesi che gli levarno la miglior parte de' paramenti et vasi sacri et altre suppellettili; la più vile che lasciorno alla chiesa, in buona parte stracciata. In particolare gli hanno tolto il tabernacolo gestatorio che portarono via insieme col SS. Sacramento, una pisside grande d'argento, un'altra piccola, tutti gli calici ch'erano tre, pallii et pianete di tutti i colori liturgici de damasco guarniti d'oro, diverse biancarie buone et altri mobili di consideratione.." (Mons. GioBatta Caimo in ragguagli dei danni fatti dai Francesi nell'anno 1636 nella Pieve di Gallarate). Successivamente, apprendiamo dal "Liber Cronicus" al quale possiamo, ormai, dar pienamente credito che le due cappelle laterali della chiesa citata nella visita del precursore di San Carlo vennero dedicate, l'una, con solennissima festa l'11 Ottobre 1648 alla Beata Vergine del Rosario e l'altra, alla fine d'aprile del 1651, a S. Giuseppe. Nel corso della visita pastorale del 1684 vennero nuovamente annotate le misure della chiesa, pari a braccia 41 x 25, sostanzialmente diverse da quelle registrate oltre un secolo prima circa 25 x 15, (tenuto conto che un braccio doveva essere di metri 0,595).
La nostra chiesa aveva, ormai, sulle spalle, parecchi secoli e necessitava di urgenti, radicali riparazioni. "Il terreno sottostante, minato dalle alluvioni, non reggeva ai gravi lavori. La chiesa era troppo vecchia, la forma troppo disadatta, incapace dì un restauro e di un ampliamento regolare". Venne convocato il popolo per decidere il da farsi ed in maniera democratica, lo stesso scelse una soluzione radicale: la costruzione di una nuova chiesa, quella parrocchiale attuale, dedicata alla SS. Trinità. Si era nel 1760.
La chiesa che, per lunghi secoli, aveva visto inginocchiarsi i nostri padri ed era stata testimone di tante vicende liete e tristi in cui vennero coinvolti i nostri antenati, servì ancora, per alcuni anni, alle funzioni feriali. Nella chiesa nuova s'andava solo alla domenica. Anche per il Parroco era più comodo officiare in SS. Salvatore, a due passi da casa. Ma, col passare degli anni, il trasferimento divenne d'obbligo.
E giungiamo al 1887. In quell'epoca, Mons. Virginio Civati lasciò scritto nelle sue "Memorie Storiche": "La parte anteriore della vecchia Chiesa di S. Salvatore, sino alla balaustra dell'Altare Maggiore e il Campanile, già minati e minaccianti, furono atterrati... V'è da assegnare a prodigio se, nella demolizione del vecchio e cadente campanile, non accaddero disgrazie alle persone perché, ad un certo punto, caddero alcuni metri di muro, seppellendo sotto le macerie muratori..." Senza neppure graffiarsi. E, come avrebbe potuto verificarsi un pur minimo incidente se, accanto, c'era il "SS. SALVATORE"?
La storia della vecchia chiesa non era ancora conclusa. In piedi restavano l'abside, la sagrestia, la parte terminale della antica Parrocchiale che, debitamente richiusi, avrebbero ancora funzionato in rare occasioni e determinate circostanze. Ma l’8 settembre 1918, con Atto Pubblico trascritto a Milano il 4 Novembre 1918 il Beneficio Parrocchiale di Samarate, rappresentato da don Antonio Spreafico cedette, con regolare atto di vendita, al Signor Cattaneo Innocente, i mappali 149/b - 150/c - 154/a sui quali erano ancora le ultime pietre della plurisecolare casa di preghiera. Nei primi mesi dell'anno successivo (1919), per poter far posto a nuove costruzioni, il restante del vecchio edificio doveva essere abbattuto. Ma, ancora una volta, non del tutto.
Una cosa sorprendente, che non ci saremmo mai immaginata e che, per chi scrive, è stata una scoperta entusiasmante. Alcune settimane fa, chiedemmo al proprietario della casa costruita sul luogo della vecchia parrocchiale, di mostrarci il punto in cui era ubicata la chiesa. Lo stesso, con nostra infinita meraviglia, ci mostrò anche la parte tuttora esistente dell'antica sagrestia, un ampio locale con bel soffitto a padiglione ed il "coro", sia pure incorporati nella sua casa e facente un tutt'uno con essa.
Scopriamo così che il "SS. Salvatore non è morto del tutto".